La suprema Corte, finalmente si è pronunciata in modo chiaro su questo annoso problema, se considerare o meno ai fini dell' usura il tasso di mora.
La Corte di Cassazione, ritiene fondato il motivo di ricorso presentato dall’originario attore e, specifica che gli interessi convenzionali di mora non sfuggono alla regola generale per cui, se pattuiti ad un tasso eccedente quello previsto dall’art. 2, comma 4, della l. n. 108 del 1996, devono essere qualificati ipso iure come usurari.
L’articolo 2 della L. n. 108/1996 vieta la pattuizione di interessi eccedenti la misura massima ivi prevista e si applica sia agli interessi corrispettivi, previsti dall’art. 1282 c.c., che agli interessi moratori, disciplinati dall’art. 1224 c.c.
Né l’art. 644 c.p., né il quarto comma dell’art. 2 della l. n. 108 del 1996, né tanto meno il primo comma dell’art. 1 del d.l. n. 394 del 2000, nel vietare la pattuizione di interessi usurai distinguono tra i vari tipi di interessi. Dato che gli interessi possono essere pattuiti sia a titolo di corrispettivo della cessione di un capitale, sia a titolo della remunerazione di una prestazione a pagamento differito, sia a titolo di mora, la previsione in base alla quale il giudizio di usurarietà può riguardare gli interessi pattuiti a qualsiasi titolo, rende evidente che per la lettere della legge anche gli interessi di mora restano soggetti alle norme antiusura.
Secondo l’interpretazione sistematica gli interessi corrispettivi e gli interessi moratori sono entrambi soggetti al divieto di interessi usurai, in quanto entrami rappresentato la remunerazione di un capitale di cui il creditore non ha goduto.
Quindi, tanto gli interessi corrispettivi che quelli moratori ristorano il differimento nel tempo del godimento di un capitale.
Gli interessi convenzionali moratori, secondo la ratio legis non sfuggono nemmeno alle previsioni della l. n. 108 del 1996.
La legge in questione ha introdotto un criterio oggettivo al fine di tutelare le vittime dell’usura e l’interesse pubblico all’ordinario e corretto svolgimento delle attività economiche.
Pertanto, escludere dall’applicabilità di detta legge il patto di interesse convenzionali moratori da un lato sarebbe incoerente con la finalità da essa perseguita, dall’altro condurrebbe al risultato che per il creditore sarebbe più vantaggioso l’inadempimento che l’adempimento.a Banca d’Italia in una circolare del 2013 aveva ammesso in maniera esplicita che:
“In ogni caso, anche gli interessi di mora sono soggetti alla normativa anti-usura”.
La sentenza in commento inoltre ha specificato che le parti possono decidere di avvalersi o meno della facoltà di derogare al saggio legale previsto dall’art. 5 del d.lgs. n. 231 del 2002, e nel caso in cui non vi deroghino, il saggi di mora sarà quello previsto da tale ultima norma. Invece se vi derogano, il patto di interessi moratori non sarà più disciplinato dal d.lgs. n. 231 del 2002, ma dall’art. 2 della L. n. 108/96.
Da ultimo si deve rammentare che il principio per cui le norme antiusura trovano applicazione anche per quanto concerne gli interessi moratori è stato ribadito dalle seguenti sentenze di Cassazione: n. 14899/2000; n. 8442/2002; n. 5324/2003; n. 10032/2004; n. 1748/2011; n. 9896/2008; n. 5598/2017; n. 23192/2017.
Deve essere espresso il seguente principio di diritto:
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