mercoledì 19 luglio 2017

TASSO DI MORA IN USURA: VANNO RESTITUITI GLI INTERESSI


Questo in sintesi quanto sostenuto da una recente sentenza del Trib. Como – sent. n. 1088/2017 del 13 luglio 2017 conforme ad altre precedenti di merito e legittimità. Su  questo corollario, questa difesa, ha incardinato con successo notevoli processi, sostenendo sempre che :

 

Al fine di accertare l’eventuale sussistenza di interessi usurari, ènecessario individuare il ‘tasso effettivo globale’ (cosiddetto TAEG) concretamente praticato durante lo svolgimento del rapporto controverso, e ciò sulla scorta dell’univoca previsione dell’art. 2 della legge n. 108/1996, va evidenziato come, secondo giurisprudenza ormai consolidata, in tale tasso vadano incluse le commissioni e spese che siano funzionali alla messa a disposizione di una massa di denaro da parte della banca in favore del proprio cliente, per tali potendosi intendere anche gli interessi di mora in quanto, pur se ontologicamente diversi da quelli corrispettivi e dovuti solo per effetto dell’eventuale

inadempimento da parte del mutuatario, anch’essi connessi all’erogazione del credito. Va accolta la censura attorea anche con riferimento alle conseguenze della accertata natura usuraria del tasso di mora concordato, conseguenze destinate a concretarsi, secondo l’orientamento giurisprudenziale largamente dominante, nella statuizione di nullità ex art. 1815, comma 2, c.c. della pattuizione degli interessi e nella esclusione di ogni debenza, dovendo l’obbligazione restitutoria gravante sul mutuatario essere circoscritta al solo capitale. Ai fini della conversione forzosa del mutuo da oneroso a gratuito, discendente dalla natura imperativa del disposto di cui all’art.1815, comma 2, c.c. non rileva che lo stesso mutuatario non abbia mai subito, nel corso del rapporto, la applicazione degli interessi di mora, dovendo l’usurarietà del tasso essere valutata con riferimento al momento in cui il tasso sia stato promesso o convenuto, anche se non concretamente applicato.

Usura: la commissione di massimo scoperto rientra nel calcolo del Taeg


Con la sentenza numero 15188 depositata il 20 giugno 2017 (e sotto allegata), la Suprema Corte ha ribadito che, come è ormai orientamento consistente:

“È da ritenere del tutto sicuro che l’onere recato dalla commissione di massimo scoperto esprima un costo del credito; e che, in quanto tale, lo stesso vada inserito nel conto delle voci rilevanti per la verifica dell’eventuale usurarietà dei negozi conclusi dall’autonomia del privati.” (Cass. n. 12028 del 2010; 28743/2010; 46669/2011).
È vero che ci sono state sentenze di diverso orientamento giuridico, ma è vero altresì che l’orientamento prevalente della Corte, sembra invece essere indirizzato nel considerare la CMS tra i costi legati all’erogazione del credito, e di conseguenza da considerare nel calcolo del TAEG e dell’usura.
Partendo da questa prospettiva, con l’introduzione, nella legge 2/2009 dell’articolo 2 bis comma 2, risulta automatico assumere, come regola, l’interpretazione autentica dell’articolo 644 del codice penale che chiarisce cosa rientra nel calcolo degli oneri indicati, correggendo una prassi amministrativa difforme. (si cfr. Cass. 12028/2010).
Si legge sempre nella sentenza della Cassazione che: “la commissione di massimo scoperto integra quale costo addossato al debitore, una specifica forma di remunerazione del credito”.
Per quanto concerne la rilevabilità ed i limiti temporali per eccepire l’usura in un giudizio pendente, è principio ormai consolidato che la nullità, derivante dalla usurarietà nei contratti, può essere fatta valere in qualsiasi stato e grado del processo e finanche d’ufficio.
A tal proposito si ricordano alcune sentenze che hanno dichiarato quanto sopra detto, ovvero Cassazione n. 2910 del 2016 e Cassazione a SSUU n. 26242 del 2014.
Usura: la commissione di massimo scoperto rientra nel calcolo del Taeg
La recente sentenza di Cassazione, fa specifico riferimento anche ad una precedente sentenza, sempre della Suprema Corte, sentenza n. 12028 del 2010, che aveva ben specificato quali sono gli oneri che rientrano nel calcolo dell’usura e del costo del denaro ex articolo 644 del codice penale, correggendo quindi una prassi amministrativa difforme a quello che invece dovrebbe essere per legge e, soprattutto, doveva essere.
Ai fini dell’usura, contano tutti gli oneri economici che risultano caricati sul cliente
È vero che la circolare della Banca d’Italia dichiarava che la commissione di massimo scoperto non entrava nel calcolo del TEG, fino al 2009 ovvero fino a quando è venuto a mutare l’orientamento della Banca d’Italia, ma è pur vero che la circolare si rivolge solo agli intermediari finanziari.
Le istruzioni della Banca d’Italia, sempre richiamate in difesa dagli Istituti bancari, non vengono prese in considerazione nell’ambito della normativa di cui alla Legge n. 108/96, ma sono rivolte esclusivamente agli intermediari finanziari.
Predette istruzioni, in pratica non hanno, nè propongono, alcun contatto o interferenza con i negozi dell’autonomia dei privati.
Le circolari, e le istruzioni della Banca d’Italia, non rappresentano una fonte di diritti e obblighi nell’ipotesi in cui gli istituti bancari si conformino ad una erronea interpretazione fornita in una circolare.
Usura: la commissione di massimo scoperto rientra nel calcolo del Taeg
Non può essere esclusa la sussistenza del reato sotto il profilo dell’elemento oggettivo. Le circolari e le direttive, ove illegittime e in violazione di legge, non hanno efficacia vincolante per gli istituti sottoposti alla vigilanza della Banca d’Italia, neppure quale mezzo di interpretazione.
Seppur le istruzioni emanate dalla Banca d’Italia fin dal 1996 indicano che la commissione di massimo scoperto non entra nel calcolo del TEG fino al 2009, le stesse aggiungono che essa viene rilevata separatamente ed espressa in termini percentuali.
Se ne potrebbe dedurre dunque, da una corretta interpretazione, che la Banca d’Italia piuttosto che considerare irrilevante ai fini dell’usura la commissione di massimo scoperto, in realtà la consideri rilevante ma in maniera autonoma.
Sicuramente la circostanza che vi sia una continua indicazione della commissione di massimo scoperto nei decreti di rilevazione trimestrali è significativo.
D’altronde gli organi di vertice delle imprese bancarie hanno il dovere di informarsi con diligenza sulla normativa esistente, essendo loro attribuiti, dai relativi statuti, poteri in materia di erogazione del credito, rientranti nell’ambito dei più generali poteri di indirizzo dell’impresa.
Quindi in base alla interpretazione data dalla Cassazione, nella sentenza n. 15188/2017, la CMS va considerata al fine di quantificare l’effettivo costo del denaro sopportato dall’utente finale, e va considerata secondo quanto disposto dall’art. 644 c.p., secondo la legge 2/2009, e non a far data dal 2010, ma anche nei rapporti antecedenti.