Questo in sintesi quanto sostenuto da una recente sentenza
del Trib. Como – sent. n. 1088/2017 del 13 luglio 2017 conforme ad altre
precedenti di merito e legittimità. Su questo corollario, questa difesa,
ha incardinato con successo notevoli processi, sostenendo sempre che :
Al fine di accertare l’eventuale sussistenza di interessi
usurari, ènecessario individuare il ‘tasso effettivo globale’ (cosiddetto TAEG)
concretamente praticato durante lo svolgimento del rapporto controverso, e ciò
sulla scorta dell’univoca previsione dell’art. 2 della legge n. 108/1996, va
evidenziato come, secondo giurisprudenza ormai consolidata, in tale tasso
vadano incluse le commissioni e spese che siano funzionali alla messa a
disposizione di una massa di denaro da parte della banca in favore del proprio
cliente, per tali potendosi intendere anche gli interessi di mora in quanto,
pur se ontologicamente diversi da quelli corrispettivi e dovuti solo per
effetto dell’eventuale
inadempimento da parte del mutuatario, anch’essi connessi
all’erogazione del credito. Va accolta la censura attorea anche con riferimento
alle conseguenze della accertata natura usuraria del tasso di mora concordato,
conseguenze destinate a concretarsi, secondo l’orientamento giurisprudenziale
largamente dominante, nella statuizione di nullità ex art. 1815, comma 2, c.c.
della pattuizione degli interessi e nella esclusione di ogni debenza, dovendo
l’obbligazione restitutoria gravante sul mutuatario essere circoscritta al solo
capitale. Ai fini della conversione forzosa del mutuo da oneroso a gratuito,
discendente dalla natura imperativa del disposto di cui all’art.1815, comma 2,
c.c. non rileva che lo stesso mutuatario non abbia mai subito, nel corso del
rapporto, la applicazione degli interessi di mora, dovendo l’usurarietà del tasso
essere valutata con riferimento al momento in cui il tasso sia stato promesso o
convenuto, anche se non concretamente applicato.
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